La presenza in Valsassina e Valvarrone di vene metallifere, un patrimonio boschivo in grado di alimentare con il carbon fossile i forni fusori, l’abbondanza di corsi d’acqua da cui trarre l’energia motrice necessaria al funzionamento delle macchine, la vicinanza della piazza commerciale di Milano.
È la favorevole concomitanza di questi fattori alla base della nascita e del successivo sviluppo nel Lecchese di una industria della trasformazione del ferro, le cui prime testimonianze risalgono al periodo romano e che, studiata da Leonardo da Vinci, sotto i Visconti e gli Sforza conosce un periodo di grande fioritura.
Sostenuta dal governo illuminato di Maria Teresa d’Austria e Giuseppe II, la siderurgia valsassinese si avvia verso la metà dell’Ottocento verso un irreversibile declino. Non così è per l’industria metallurgica di seconda trasformazione, concentrata nella bassa Valsassina e a Lecco, nei comuni della Vallata del Gerenzone, verso cui si orienta progressivamente l’attività manifatturiera del territorio.
Si crea un sistema articolato di trafilerie e fucine piccole, a forte specializzazione ed elevata integrazione nonostante la frammentazione degli impianti, che garantisce una produzione considerevole ed estremamente diversifìcata di semilavorati. Sono gli anni in cui tre grandi dinastie imprenditoriali – i Badoni, i Falck e i Redaelli – legano il loro nome all’industria del ferro lecchese introducendo, primi in Italia, significative innovazioni nelle tecnologie produttive e nell’organizzazione commerciale.
Con l’affermazione della meccanica, agli inizi del Novecento, si pongono le premesse per lo sviluppo industriale intensivo di cui il lecchese è protagonista nel secondo Dopoguerra, con un crescendo di iniziative spontanee che si moltiplicano grazie a una consolidata tradizione, a un diffuso spirito di intraprendenza, alla presenza di tecnici con elevata professionalità e di una classe imprenditoriale particolarmente innovativa e dinamica.
Dai primi anni Novanta cambiano sostanzialmente le caratteristiche dell’offerta della meccanica lecchese: vengono mantenute quasi esclusivamente le fasi a maggiore valore aggiunto, riducendo la gamma produttiva e spostandosi verso produzioni ad elevata qualità, in ambiti meno esposti a fattori di crisi. L’imprenditore vive una fase di passaggio da semplice tecnico a manager, orientato a mantenere estremamente dinamica l’impresa sul piano tecnologico; ciò consente un’apertura maggiore anche ai mercati esterni ed evita la concorrenza diretta sul territorio provinciale. Inoltre le imprese si rendono conto che flessibilità e qualità non bastano ma occorre la gestione coordinata di tutte le fondamentali leve strategiche: costi, innovazione, servizio. Altrettanto fondamentale e strategica, anche per dialogare con i mercati internazionali, l’adeguamento complessivo ai più severi parametri di certificazione della qualità.
A differenza di altre aree-sistema, il Distretto Metalmeccanico di Lecco si qualifica per il suo essere un distretto di processo e non di prodotto. Le aziende che vi appartengono sono estremamente differenziate tra loro, fino a coprire una gamma praticamente infinita dì prodotti e componenti, di lavorazioni e trattamenti, di impianti e automazioni impiegati nei processi produttivi richiesti.
È piuttosto l’appartenenza a fasi diverse dello stesso processo di trasformazione dei metalli che costituisce la chiave di lettura del sistema manifatturiero di questo territorio. Si tratta in sostanza di una struttura economica a rete, alla quale possono essere ricondotte complessivamente oltre 3.500 imprese dell’intera provincia, in grado di coprire un range estremamente ampio e differenziato dì prodotti ottenuti attraverso processi di trasformazione di metalli diversi – dal ferro all’acciaio, dall’alluminio all’ottone, alle più differenti leghe – che hanno tra loro in più fasi punti di intreccio e di sovrapposizione.
I principali punti di forza della realtà industriale lecchese possono essere individuati nella presenza di una cultura imprenditoriale diffusa, in capacità tecniche esclusive, nell’elevata qualità del prodotto, nella capacità di dialogare con i mercati tramite le potenzialità dell’intero “sistema” che ha saputo imporre il “made in Lecco” nel mondo, anche in settori di punta come l’industria aerospaziale.
Palazzo Belgiojoso, sede dei Musei civici di Lecco dal 1927, è oggi sede di uno dei Poli museali del Sistema Museale Urbano Lecchese (Si.M.U.L.) ed ospita ben tre musei: Archeologico, Storico, di Storia naturale e Planetario. In tal modo si caratterizza come un istituto culturale storico-scientifico, che studia e documenta il territorio dell’odierna Provincia di Lecco dal punto di vista della storia ambientale ed umana.
Tra i temi trattati, è possibile seguire il percorso “Legami di ferro”, dedicato alla storia della metallurgia nel Lecchese, che si articola nei seguenti punti:
- Museo Archeologico – Sala della metallurgia
- Museo Storico – Sala virtuale dell’Industria lecchese
- Museo Storico – Sala del Risorgimento
- Cortile e parco – Testimonianze di archeologia industriale